Sollevati in alto

Sollevati in alto

Il LAB 7 del Duni-Levi in dialogo sulle cicatrici con Loredana Paolicelli, musicista e docente presso il Conservatorio di Matera, direttore artistico musicale di ARTErìa, Associazione d’Arte e Cultura.

Non guardare in alto, scava la terra. Trova l'acqua e più giù scopri la roccia. Scava fino e oltre il fuoco ancora roccia e acqua. Aldilà della terra rivedrai il cielo e ancora scavando toccherai con le mani la tua carne, viva. Silvano Agosti

Progetto 2. Le cicatrici importanti per diventare Noi stessi.

Con il passare degli anni le cicatrici creano disagio, ma ti ricordano come fare per rialzarti. Danno coraggio e spinte. Hanno il ricordo, il perché.

Questa è una testimonianza per il Progetto 2: Le cicatrici importanti per diventare Noi stessi

La materia che insegno: Musica d’Insieme

Insegno ai ragazzi a suonare insieme, a stare insieme. Mi sono laureata in DAMS e ho creato 30 anni fa, insieme a diversi amici artisti, ARTErìa: un’associazione che ha dentro l’arte, la bottega dell’arte. Abbiamo creato tantissimi tipi di progetti che non hanno solo a che fare con la musica, ma con una ricerca a 360 gradi.

La cosa che mi avvicina di più a voi

Prima di decidere nella mia vita di fare la musicista, io facevo il Liceo Classico e non riuscivo a capire veramente quale sarebbe stata poi la mia la mia strada professionale, perché durante gli anni di liceo, la cosa più forte per me era il gioco. Eravamo sempre molto felici durante la nostra adolescenza. Ho un ricordo profondo delle materie, che mi piacevano moltissimo e che mi sono portata dietro tutta la vita.

La finestra dei perché

Questa è una cosa che sento di dirvi, perché quando ci si appassiona a 16 anni ad una disciplina, quelle che vivi non sono proprio competenze. Sono curiosità intellettuali. C’era la Filosofia, la Storia e il Greco. Queste tre materie per me erano nuove. Mi hanno aperto una finestra una vera e propria. Era proprio la curiosità di conoscere la realtà o qualcosa che era fuori dalla realtà e quelli erano gli anni in cui io iniziavo a chiedermi che valore avesse la mia quotidianità, quale sarebbe stato il mio futuro. Erano le famose domande esistenziali, che avete sicuramente anche voi e che mi sono portata dietro nel tempo.

Associo i gradini della mia vita al cambiamento dei colori

Questa cosa del non sapere bene quale sarebbe stato il mio futuro ha fatto sì che io approfondissi veramente tante conoscenze. Dopo però nella vita sono successe una serie di cose, che hanno fatto sì che la mia esistenza cambiasse completamente i suoi colori, i profumi delle note.

Sono cambiamenti non sempre fortunati

Molto spesso nascono da esperienze fortissime e traumatiche, come quelle di Alessandro Santoro.  Mi auguro che nessuno di voi possa provare delle esperienze come quelle che stanno provando i giovani della vostra età, che da profughi sono andati via dall’Ucraina e che come tutti gli altri profughi, sono vittime di guerre nel mondo. Una cicatrice che viene fuori dall’essere completamente senza una casa, senza una famiglia, senza tutto il mondo dei  ragazzi di 16 anni.

Noi invece siamo fortunatissimi. Le nostre cicatrici oggi sono piccole cicatrici rispetto a questa specie di grafico delle gravità. Ecco, noi abbiamo le nostre cicatrici quotidiane ed esistenziali, ma niente a che fare con quella gravità

Eppure io vi dico che nel passato le emozioni che hanno provocato cicatrici e che hanno caratterizzato i miei passaggi, sono andate a finire in un unico calderone  che si chiama musica e anche scrittura.

Una traslazione artistica che sposta il dolore

Fra il 2000 ed il 2010 ho scritto 22 canzoni. I testi erano quadri. La scrittura per me era totalmente esorcizzante. L’arte, la musica, la scrittura, i diari autobiografici, la fotografia, la pittura. Tutto questo è sempre una traslazione artistica di ciò che si vive: è catartico, perché ti porta via una parte di quel dolore, che si sposta attraverso l’arte.

Se io non avessi avuto la musica, penso che sarei finita in un esaurimento nervoso: sarei stata molto depressa. E invece, tutto ciò che era la scrittura, i diari e la musica, mi ha portato in una dimensione talmente alta, che la mia totale quotidianità, i miei dolori quotidiani scomparivano attraverso le note, attraverso la scrittura della musica, attraverso la condivisione della musica.  

Perché questo io non l’ho fatto da sola

Sono riuscita a farlo insieme ad altre persone che con me suonavano i pezzi scritti da me, che con me suonavano e cantavano quello che io avevo scritto. Erano con me negli studi di registrazione: quei luoghi dove tu cristallizzi il tuo lavoro musicale, dove metti una pietra miliare: è come fare un quadro che poi viene appeso e diventa parte di una mostra.

Tu scavi a tre metri da terra

La sessione di registrazione diventa il luogo in cui tu scavi profondamente tutte le tue insicurezze, le tue fragilità. Vengono fuori tutte. La musica e l’arte diventano la catarsi l’esorcismo di tutte le sofferenze, di tutte le cicatrici. Vi assicuro che è proprio un modo per sentirsi a tre metri da terra, invece che nel fango e nella disperazione. Ci si sente sollevati verso l’alto.

Quel mondo filosofico e poetico viene catapultato dentro

È un modo di volare molto costruttivo quello di fare musica e di fare arte nell’arte.

Molto spesso succede che tutto quel mondo filosofico e poetico viene letteralmente catapultato dentro quel tipo specifico di arte che si fa. Ecco perché è importante, da 16 anni in poi, capire qual è la strada dei propri perché e delle proprie risposte

Quel diario mi alleggeriva immediatamente

Mi mettevo la sera a letto. Scrivevo il mio diario a fine giornata. Avevo le mie cuffie con cui ascoltavo la musica che mi piaceva, che non era la musica che io suonavo. E volavo, piangevo, ridevo. Ma soprattutto scrivevo. E mi rendevo conto che, dopo aver scritto due pagine, quelle erano per me uno sfogo fondamentale.

Quella specie di peso enorme quasi scompare

Questo diario quotidiano scritto per anni, le agende, i quaderni. Mi rendevo conto che era un modo terapeutico per me. Perché scrivere e poi rileggere quello che è scritto ti rende consapevole che, mentre tu lo fai, quella cosa, che è come una specie di peso enorme che tu hai dentro, diventa immediatamente leggera, quasi scompare.

La seconda fase era quella della rilettura

Non sapete quanto mi vergognavo quando rileggevo i miei stessi diari. Mi rendevo conto che erano frutto proprio di un inconscio che scriveva. C’era la parte di me più istintiva e il giorno dopo, che era già un altro giorno, avevo di nuovo la vita in mano, perché quando si è piccoli, il giorno dopo è un giorno bellissimo.  Si diventa di nuovo leggeri, come sempre. Così, quando rileggevo quelle cose pesantissime che avevo scritto, quasi mi vergognavo: ma com’è possibile che io in quel momento stessi così male?  Come facevo ad essere così innamorata o così arrabbiata con mio padre o con mia madre o con il mio compagno di classe o con l’insegnante che mi aveva messo tre.

Si sviluppa la capacità di scrittura

Un profondo e appassionato lettore, quando scrive un diario, inconsapevolmente inizia a scriverlo talmente bene, che diventa arte anche quello che nei primi tempi è solo un diario autobiografico.

Può essere anche il modo meraviglioso per diventare scrittore.

Noi siamo tutti scrittori potenziali

La scrittura ha sicuramente un potere catartico, ma diventa una cosa sempre più colta. Da un’idea può nascere una specie di racconto autobiografico. Questo racconto può essere anche completamente fantastico: una cosa che apparentemente non ha niente a che fare con la tua vita quotidiana. Anche i racconti fantastici hanno sotto dei dischi di lettura, degli strati inconsci: la passione da cui può nascere veramente la capacità di scrittura.

Quando tu hai una visione e la metti in pratica

Penso che tutte le arti, tutte le arti nessuna esclusa, ci sono nella ripetitività della ricerca dell’immagine. Quando tu hai una visione, giungono chiaramente le prime forme artistiche.

Se lo fai tutta la vita, fare l’artista diventa la tua professione. Alcuni si scoprono scrittori, musicisti, appassionati di teatro. Magari in una età diversa, ti rendi conto che non ne puoi fare a meno.

Una cosa urgente da risolvere

Quando inizi a non poterne fare a meno, quel tutto diventa parte di te.

Quando al Liceo ho scoperto la filosofia, da quel momento in poi, si è aperto uno scenario nella mia vita, che mi ha posto le questioni esistenziali come una cosa urgente da risolvere. Qualcosa che toccava corde profonde e che era sempre accompagnato da problemi esistenziali forti.

Ecco perché si parlava di cicatrici

In qualche maniera, devi continuare a scrivere, devi continuare. Devi continuare, perché se è una passione, quella diventerà una cosa che ti porterai sempre dietro.

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In copertina: R. Magritte, La freccia di Zenone, 1966